LAMEZIA TERME Una sospetta guerra di ‘ndrangheta e un movente, al momento, difficile da provare. A poco più di un anno, in Australia le indagini stanno cercando di allontanare le ombre e restituire il responsabile (o responsabili) del brutale omicidio di John Peter Latorre, fruttivendolo 64enne, freddato il 12 marzo 2024 a colpi d’arma da fuoco nei pressi del garage della propria abitazione a Buchanan Place, a Greenvale. Non un bersaglio qualunque: secondo la Polizia di Victoria, infatti, Latorre, la cui famiglia ha origini di Oppido, era «un influente membro della ‘ndrangheta». Un nome ricorrente da oltre vent’anni, sebbene gli inquirenti non siano mai riusciti a delineare del tutto la sua posizione gerarchica.
Le indagini della Polizia di Victoria sarebbero vicine ad una svolta, ma è ancora presto per arrivare a delle conclusioni. Latorre sarebbe stato ucciso nel suo vialetto di casa poche settimane dopo un aspro confronto con due uomini durante una “riunione di famiglia”. Come riporta la stampa locale, infatti, il fruttivendolo originario di Oppido «avrebbe chiesto alla sua famiglia di interrompere qualsiasi coinvolgimento con gli uomini che facevano parte della sua famiglia allargata». A questo punto i sospetti sarebbero ricaduti su due fratelli, figli di un agricoltore calabrese ucciso nel 2011. Latorre – secondo i primi dettagli emersi – avrebbe litigato con loro per via della sua attività di vendita all’ingrosso di frutta e verdura. Una lite furibonda che sarebbe esplosa definitivamente durante il tradizionale “Tomato Sauce Day” o “Passata Day”. Lattore alla vista dei due «sarebbe stato sopraffatto dalla rabbia, urlando insulti contro di loro», riporta la stampa australiana.
Ma non è tutto. Secondo quanto trapelato, infatti, i due fratelli calabresi avrebbero tentato di “infiltrarsi” nel business di Latorre, ricevendo però una risposta negativa. Questo, dunque, potrebbe essere un primo tassello nella ricostruzione di un puzzle comunque complesso. Dopo oltre un anno la Polizia di Victoria sta continuando ad indagare e capire se l’uomo, o gli uomini, armati abbiano usato una moto, o forse uno scooter, per fuggire dalla scena del crimine. Al “Sunday Herald Sun” la famiglia di Latorre si è detta «sconvolta per la rappresentazione di lui come un “cattivo ragazzo”, chiedendo che il caso venga risolto al più presto per il nostro bene e per il suo bene». Pessima, invece, la reputazione dei fratelli calabresi. «Quando sono venuti qui hanno avuto tutte le opportunità» ha detto una donna al giornale australiano, «John è stato molto generoso con loro».
Quello di Latorre, come detto, non è un nome qualunque da quelle parti dell’Australia. L’imprenditore avrebbe fatto parte del ristretto gruppo di imprenditori collegati ai clan calabresi che, agli inizi del 2000, avrebbe donato migliaia di dollari al “Liberal Party” per far ottenere il visto a Francesco “Frank Mad” Madaffari: sulla sua testa all’epoca pendeva un ordine di espulsione, cancellato proprio dopo l’evento del “Millenium Forum”. Da qui l’operazione legata all’importazione, in Australia, del più imponente carico di droga sintetica di sempre. Proprio un anno fa, inoltre, nel nordovest di Melbourne sono andati a fuoco due locali in poche ore: “La Porchetta” e il “Negroni 888”. Due episodi inquietanti perché è molto difficile che si tratti di un caso se, nel giro di pochi minuti nella stessa nottata, vanno a fuoco due attività gestite da famiglie italiane e, nello specifico, di origini calabresi. La pista che gli inquirenti stanno seguendo – in modo silenzioso – è quella che porta dritti agli interessi della ‘ndrangheta sulla quale in Australia – dove è nota anche come la “Honoured Society” – da alcuni decenni si sprecano sospetti e dubbi, ma anche indagini e qualche omicidio che, di tanto in tanto, ha riacceso i riflettori sulle attività nell’ombra delle famiglie legate alle ‘ndrine calabresi. (g.curcio@corrierecal.it)
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