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Papa Francesco, il richiamo all’accoglienza e la tragedia di Cutro

Nel 2013 il primo viaggio a Lampedusa, dieci dopo la tragedia che sconvolse la Calabria. «Non doveva avvenire, non si ripeta»

Pubblicato il: 22/04/2025 – 8:18
Papa Francesco, il richiamo all’accoglienza e la tragedia di Cutro

La solidarietà verso i migranti è stato un tema costante della predicazione di Papa Francesco. Prova ne è stato il suo primo viaggio pastorale fuori Roma, quando l’8 luglio 2013 si recò sull’isola di Lampedusa, dopo una delle tante tragedie del mare che avevano inghiottito migliaia di vite umane nel Mar Mediterraneo. In quell’occasione, il pontefice pronunciò un discorso che apparve una sorta di manifesto programmatico sul dovere di accogliere. Discorso che divenne più attuale e drammatico che mai dieci anni dopo, quando Papa Francesco, all’Angelus di domenica 5 marzo 2023, parlò del naufragio dei migranti a Steccato di Cutro, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, causando la morte di 94 persone di cui 34 minori.  
Nelle sue parole non ci fu soltanto la condanna dei trafficanti: «I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte! Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti! Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere».  In quei giorni drammatici e di dolore che sconvolsero la Calabria e il Paese, Papa Francesco non mancò di manifestare il suo apprezzamento e la sua gratitudine alla popolazione locale e alle istituzioni «per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle», rinnovando l’appello rivolto «affinché non si ripetano più simili tragedie», chiedendo di «fermare il traffico illecito di persone in fuga da situazioni disperate».

«Il naufragio di Cutro non doveva avvenire. Non si ripeta»

Parole dure quelle del Pontefice, ribadite qualche giorno dopo ricevendo in udienza i rifugiati giunti in Europa grazie ai corridoi umanitari. Il naufragio di Cutro «non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta. I corridoi umanitari gettano dei ponti che tanti bambini, donne, uomini, anziani, provenienti da situazioni molto precarie e da gravi pericoli, hanno infine percorso in sicurezza, legalità e dignità fino ai Paesi di accoglienza. Essi attraversano confini e, ancor più, i muri di indifferenza su cui spesso si infrange la speranza di tantissime persone, che attendono per anni in situazioni dolorose e insostenibili». «Ognuno di voi – aveva aggiunto il Papa – merita attenzione per la storia dura che ha vissuto. In particolare, vorrei ricordare quanti sono passati attraverso i campi di detenzione in Libia; più volte ho avuto modo di ascoltare la loro esperienza di dolore, umiliazioni e violenze. I corridoi umanitari sono una via praticabile per evitare le tragedie e i pericoli legati al traffico di essere umani. Tuttavia, occorrono ancora molti sforzi per estendere questo modello e per aprire più percorsi legali per la migrazione. Dove manca la volontà politica, i modelli efficaci come il vostro offrono nuove strade percorribili. Del resto, una migrazione sicura, ordinata, regolare e sostenibile è nell’interesse di tutti i Paesi. Se non si aiuta a riconoscere questo, il rischio è che la paura spenga il futuro e giustifichi le barriere su cui si infrangono vite umane». (redazione@corrierecal.it)

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