LAMEZIA TERME I record negativi della Calabria. Dall’inizio dell’anno il Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dell’Interno, ha sciolo per infiltrazioni della mafia 7 Comuni, di questi 3 sono calabresi: segnatamente San Luca a marzo e nell’ultima seduta Badolato e Casabona. Un record quello della Calabria che si inserisce nel record negativo assoluto visto che dal 1991, anno di entrata in vigore della legge sugli scioglimenti, tra l’altro nata come risposta dello Stato all’orribile strage anche a colpi di teste mozzate di Taurianova, sono stati sciolti per condizionamenti mafiosi circa 400 Comuni (393 per la precisione, salvi alcuni 25 successivi annullamenti), con la Calabria che anche qui ha il numero più alto (136, di questi 9 annullati), seguita da Campania (121, con 10 annullati) e Sicilia (94, dei quali 4 annullati). La Calabria ha anche il maggior numero di Aziende sanitarie commissariate per infiltrazioni della ‘ndrangheta (4, vale a dire l’allora Asl di Locri nel 2006, due volte l’Asp di Reggio, due volte l’Asp di Vibo e l’Asp di Catanzaro). Il tutto a conferma della capacità della ‘ndrangheta di penetrare anche negli assetti istituzionali e politici della pubblica amministrazione, capacità peraltro evidente anche nel fatto che lo scioglimento di gran parte dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose in regioni diverse da quelle a più alta densità mafiosa è stato determinato dai condizionamenti delle proiezioni extraregionali delle cosce calabresi (basti citare i casi di Bardonecchia, Anzio e Nettuno e Saint Pierre in Valle d’Aosta).
Tracciando un bilancio all’interno di un articolato dossier, Avviso Pubblico, associazione che da anni si occupa di questa tematica, ha spiegato come le infiltrazioni nei Comuni, «lungi dal costituire un dato episodico», rappresentano un «dispositivo strutturale dei clan», capaci di ottenere «occasioni strategiche di radicamento territoriale e di arricchimento». In particolare, Avviso Pubblico ha evidenziato che, sebbene «non manchino pressioni, minacce e intimidazioni sulle amministrazioni o durante il delicato momento delle campagne elettorali», la strategia privilegiata dai clan «è quella utilitaristica», che li spinge «a sfruttare ogni varco e ogni relazione possibile, anche con l’imprenditoria». Proprio per questo motivo, nonostante fino a oggi il 95% degli scioglimenti si concentri in quattro regioni del Sud – Calabria, Campania, Sicilia e Puglia – risultano ormai in crescita esponenziale anche gli scioglimenti di enti Locali nel territorio del Nord e del Centro Italia, il cui retroterra economico si presenta estremamente funzionale agli investimenti illegali delle mafie. Il tema però è sicuramente molto complesso, come confermano le polemiche cicliche che seguono agli scioglimenti, da diversi analisti ritenuti una ratio troppo extrema perché colpisce indiscriminatamente, colpevoli e innocenti, e comunque determinano un vulnus democratico che rischia di allontanare sempre di più i cittadini dalla partecipazione attiva: sotto questo aspetto esemplare è il caso di San Luca, dove negli ultimi 20 anni si è votato in modo normale raramente anche per la paura di candidarsi per il rischio di un successivo commissariamento del Comune. Anche per questo ci sono allo studio e in preparazione anche modifiche dell’attuale normativa che vanno nella direzione di evitare per quanto è possibile quelli scioglimenti eccessivamente “facili”, circoscrivendo le responsabilità, che spesso non investono il livello politico ma quello prettamente burocratico dell’ente locale e territoriale. (c. a.)
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